La cattura e lo stoccaggio della CO2 (CCS) sta emergendo come una tecnologia cruciale nel processo di decarbonizzazione globale, suscitando al contempo entusiasmo e dibattiti, come accaduto per l’apertura a maggio 2024 in Islanda di "Mammoth", il più grande impianto al mondo per la cattura diretta di CO2 dall'aria.
Dibattiti che coinvolgono anche l’Italia: il progetto Ravenna CCS di Eni e Snam si propone di catturare le emissioni industriali e stoccarle in giacimenti esauriti sotto il fondale adriatico.
I sostenitori, infatti, vedono questa tecnologia come indispensabile per decarbonizzare settori difficili come l'industria pesante e la produzione di cemento. Gli scettici temono che possa diventare una scusa per prolungare l'uso di combustibili fossili, distraendo risorse da rinnovabili ed efficienza energetica.
La comunità scientifica è divisa sull'efficienza reale di queste tecnologie. Nonostante le controversie, molti governi assegnano alla CCS un ruolo chiave nelle loro strategie climatiche, grazie alla possibilità di accedere a una transizione graduale e per il potenziale economico e occupazionale del settore.
L'Agenzia Internazionale dell'Energia sottolinea però che la priorità resta la riduzione dell'uso di combustibili fossili e la crescita delle rinnovabili. Tuttavia, la CCS è vista come complementare, specialmente per i settori "hard to abate".
Mentre il dibattito continua, è chiaro che la CCS sarà parte integrante delle strategie di decarbonizzazione, richiedendo un'attenta valutazione dei suoi benefici e rischi nel contesto più ampio della lotta al cambiamento climatico.
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